Disperati per le Casalinghe

La buona serie tv la riconosci dalla naturalezza con cui trasforma l’abitudine in fiducia, l’incontro ripetuto in amicizia, un momento di svago in affetto. E’ quello che ci è successo con Desperate Housewives ed è il motivo che ci spinge a raccontarvi la nostra esperienza con essa in concomitanza con la chiusura della sua ottava e ultima stagione.

Locandina Desperate Housewives - Photos courtesy of ABC. All Rights Reserved.La buona serie tv la riconosci dalla naturalezza con cui trasforma l’abitudine in fiducia, l’incontro ripetuto in amicizia, un momento di svago in affetto. È quello che ci è successo con Desperate Housewives ed è il motivo che ci spinge a raccontarvi la nostra esperienza con essa in concomitanza con la chiusura della sua ottava e ultima stagione.

Desperate, parte nel 2004 negli USA (2005 da noi in Italia), l’anno di Lost e del Dr. House: un anno che sembrava non lasciare spazio ad altro. Invece, la serie ideata da Marc Cherry guardando con la madre un reportage sulla casalinga pluriomicida Andrea Yates, spariglia le carte in tavola e con il pilot conquista subito il primo record, piazzandosi come la miglior nuova serie dell’anno grazie ai suoi 21,3 milioni di spettatori. Nei successivi 7 anni, la serie continuerà a fare incetta di premi portando a casa un totale di 10 Emmy Awards, 3 Golden Globe Awards, 3 Screen Actors Guild Awards e perfino il Future Classic Award di Tv Land (che sarebbero gli Emmy per le serie concluse o fuori programmazione).

Il merito di Desperate Housewives è la capacità di amalgamare generi tanto differenti in un unico prodotto usando le caratteristiche di ciascun filone narrativo a supporto dell’idea centrale: passiamo dalla sit-com, al thriller, dalla soap al dramma. Impossibile? Eppure la serie è stata paragonata di volta in volta a Sex and the City, I misteri di Twin Pinks, Friends e American Beauty.

Le protagoniste di Desperate Housewives - Photos courtesy ABC. All Rights Reserved.Quello che ci ha più colpito, e che probabilmente è la chiave di volta della serie, è stato constatare che le quattro protagoniste, non sono altro che pesanti e calcati stereotipi. Abbiamo, infatti, la casalinga schiacciata dai doveri familiari con la mania del controllo degli affetti (Lynette Scavo), l’ex modella viziata, egoista e cinica che vive per le apparenze e il lusso (Gabrielle Solis), la sentimentale, pasticciona e svampita madre single (Susan Mayer Delfino) e l’algida, rigida perfettina donna dalle maniere impeccabili (Bree Van de Kamp).

Ma il trucco sta nell’uso dello stereotipo con una doppia funzione: tecnica e tematica.

Tecnicamente, lo stereotipo, ha l’indubbio vantaggio di poter scatenare nello spettatore una serie di risposte emotive e di immedesimazione istintive. E’ così che si riesce ad inserire, ad esempio, momenti di pura sit-com con palesi giochi degli equivoci incentrati sulle debolezze della svampita Susan. Vogliamo uno spruzzo di soap? Cosa meglio se non giocare con la provocante Gabrielle e l’aitante giardiniere. Come possiamo unificare tanta disomogeneità? Ci mettiamo una bella trama gialla dove (altro stereotipo) tutti hanno qualcosa da nascondere. In più, tanti stereotipi in primo piano ribaltano le proporzioni e lasciano emergere invece il sottobosco dei personaggi secondari con incredibile forza.
Come la McCluskey, scorbutica vecchia vicina pettegola e intrigante, che arriverà ad avere una funzione chiave nell’ultima stagione (che poi ci scappa anche la lacrimuccia)

Tematicamente, lo stereotipo, è usato per fare la magia: trasformare tutti i piattissimi personaggi fin’ora presentati in veri e tridimensionali. Difatti lo stereotipo è la maschera che i personaggi usano per nascondersi, è la facciata che le casalinghe disperate mostrano ai vicini. E’ l’escamotage che permette loro di celare i veri sentimenti fino a quando gli eventi non costringono loro a svelarsi. L’ironia e il comico sono le armi che brandiscono per tenere a bada il mondo che le circonda. Il thriller è l’occasione per scardinare i perfetti equilibri di facciata. Insomma è il gioco del contrasto tra dentro e fuori che palesa l’inequivocabile critica alla società medio borghese americana (ma non solo americana, visto il successo planetario della serie con i suoi 120 milioni di spettatori nel mondo nel 2007 e i suoi 51,6 milioni di telespettatori medi su 68 aree geografiche nel 2010).

Insomma, a noi la serie è piaciuta e ci è piaciuto anche che sia finita al momento giusto, prima di perdere l’appeal e la freschezza che, con i normali alti e bassi di una produzione durata 8 anni, l’ha sempre contraddistinta.

[spoiler title=”SPOILER ultima stagione: se non l’avete vista, non leggete” open=”0″ style=”2″]E ci è piaciuto che la chiusura sia stata definitiva, con questi fast forward sui destini delle casalinghe che inevitabilmente lasciano Wisteria Lane completando i loro percorsi nel mondo, ma anche di circolare continuità, lasciando intravvedere che le case vuote delle protagoniste saranno sempre riempite da nuove persone che a loro volta celeranno nuovi segreti.

L'attrice Kathryn Joosten - Photos courtesy ABC. All Rights Reserved.Ci è piaciuto molto, infine, il coraggio della produzione che ha accettato la sfida dell’attrice Joosten (2 Emmy con questa serie) che ha chiesto fortemente di portare la propria malattia all’interno della serie facendo spegnere il proprio personaggio di cancro poco prima di lei.[/spoiler]

[box title=”Se volete vederla fate ancora in tempo!” color=”#1982D1″]Infatti, sebbene Sky abbia tenuto quasi la contemporaneità con gli Stati Uniti, la Rai la sta attualmente programmando fuori dai circuiti delle pay-tv. Inoltre,  Desperate Housewives è risultata la settima serie televisiva più piratata su Internet nel 2009…[/box]

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