Intervista a Elena Casagrande

Elena CasagrandeGiovane promessa italiana del pennino (digitale), ha già all’attivo collaborazioni importanti con colossi quale Marvel (ha già lavorato su personaggi come l’Uomo Ragno e Hulk, almeno nella sua rossa incarnazione), IDW (lavorando su fumetti tratti da serie tv come Angel, Star Trek o il Doctor Who) e su character originali, Elena Casagrande ci ha dedicato un poco del suo scarso tempo per rilasciarci questa bella intervista via mail (troppo timida, ci ha confessato, per partecipare con noi ad una diretta), in cui emerge una fan seriale come noi, prima di un artista decisamente da seguire, benché solo una parte dei suoi lavori siano stati tradotti qui in Italia.

Sono Cose Serie: Cominciamo dal principio, perché il fumetto?

50 anni di James BondElena Casagrande: In principio non c’è stato un motivo particolare. M’è sempre piaciuto disegnare, sin da piccina e ho mostrato subito una certa attitudine allo scarabocchio, tant’è che alle elementari già dovevo fare i compiti di disegno agli altri bambini…così fino al liceo con le tavole di educazione tecnica e artistica. Ero una secchiona buona. La scelta del fumetto è nata nel momento in cui, lo ammetto candidamente, ho cominciato a seguire Sailor Moon in tv. Prima di seguire il suo manga, leggevo qualche topolino, qualche Dylan Dog e qualche Giornalino, mi piaceva leggere i fumetti ma gli davo un’importanza relativa. Con la passione invece nel seguire le guerriere Sailor, dopo aver sgamato l’unica fumetteria in città, ho cominciato a spaziare su altri manga e cominciavo a fantasticare sullo scrivere storie a fumetti tutte mie. Di farne un lavoro m’è balenato in mente solo quando, quasi sul finire delle superiori, ho trovato la Scuola Internazionale di Comics, alla quale senza esitare mi sono iscritta, contemporaneamente all’università. Questa l’ho mollata dopo 6 mesi, i comics no. Così dopo 3 anni, ho capito che magari una possibilità avrei potuta averla anche io e David Messina, che fu mio insegnante, mi diede l’occasione giusta per dimostrarlo. Non smetterò mai di ringraziarlo.

SCS: Dal corso di fumetto al professionismo: raccontaci questo tuo viaggio!

Una tavola di Star TrekEC: Fu durante l’ultimo anno all’Internazionale di Comics che David mi chiese di aiutarlo con alcuni layouts di Angel, testata della IDW alla quale aveva da poco cominciato a lavorare. Le prime tavole andarono bene (capirete che se le guardo ora… è meglio farlo a stomaco vuoto), così matita dopo matita mi prese come sua assistente; prima con i layouts, poi con le inchiostrazioni (inizialmente solo di fondali), prima di Angel, poi di Star Trek, continuavamo a lavorare assieme. La prima volta che feci un numero tutto da sola fu durante una run di Angel, su un numero dove dovetti sostituirlo. Dopo il panico iniziale e le lusinghe (ma era più panico… anzi facciamo solo panico totale) portai a termine il numero, contemporaneamente ad uno speciale per Cronaca di Topolinia. Fu il primo mese dove provai sulla pelle le notti insonni, le occhiaie, i minuti contati e vita sociale zero, ma ce la feci. Continuando la collaborazione con David ebbi poi l’occasione di fare un altro numero da “solista”, un one shot di Star Trek, Orions, e successivamente cominciai a lavorare alla mia prima miniserie, su Ghost Whisperer. E’ stato un viaggio graduale, ma allo stesso tempo mi rendo conto ora anche molto veloce, perchè a poco tempo dalla fine della scuola avevo cominciato a lavorare come professionista.

SCS: Sei arrivata molto in fretta a collaborare come un colosso come la Marvel: com’è andata con soddisfazione e ansie da prestazione?

Elena e l'arrampicamuriEC: Quando non sono stata scelta tra i vincitori del Chester Quest ero piuttosto tranquilla e non mi sarei aspettata diversamente, ero così acerba e alle prime armi che vi avevo partecipato soprattutto per non aver poi il rimpianto di non averci provato. L’occasione poi però si è presentata quando andai al NYCC, dove conobbi Cebulski, e da lì rimanemmo in contatto positivamente. Non passò molto tempo che mi arrivò il primo incarico dalla Marvel, una mini-storia proprio con Spider-Man. Presente il panico totale di cui ho parlato prima? Ecco, stavolta ero passata direttamente alla crisi epilettica. Ripresami mi rimboccai le maniche e cercai principalmente di divertirmi, perché in fin dei conti è questa la cosa più bella di questo mestiere. Da quelle poche pagine le occasioni poi si sono moltiplicate portando tanta soddisfazione.

SCS: Marvel e IDW: collaborazioni che hai portato avanti quasi in parallelo. Che differenza c’è stata nei rapporti e nel tuo lavoro?

EC: Principalmente non c’è stata una grossa differenza: ho sempre avuto a che fare con la figura dell’editor, lavorato sempre su una sceneggiatura intorno alla ventina di pagine e anche i tempi di consegna sono stati simili. Forse l’unica vera differenza è stata nella tipologia di prodotto: da una parte ho avuto a che fare con prodotti su licensing (ovvero derivanti da serie tv), quindi dovevo tener presente di un tipo di narrazione televisiva e delle somiglianze degli attori, dall’altra lavoravo con icone supereroistiche e con una narrazione votata molto di più all’azione che all’atmosfera. I due approcci, portati avanti quasi contemporaneamente, mi hanno permesso di avere sempre un lavoro ricco di stimoli e di sfide, ma equilibrato allo stesso momento.

SCS: Sei partita quasi subito con l’America: necessità, bisogno, scelta, caso… in quali percentuali? Puntavi a questa tipologia di fumetto, il tuo stile era da sempre in questa linea, o ti ci sei trovata per affinità stilistica?

A proposito di stile: Poison Ivy e BatmanEC: Sono partita con l’America per un 90% di casualità, avendo cominciato a lavorare con David, nel senso che non avevo mirato specificatamente a quel mercato, in verità non avevo nessuna mira, mi interessava solo lavorare. Man mano che sono entrata in quel mercato ho cercato di farlo mio e devo dire mi sono e mi sto trovando bene, trovo una certa affinità stilistica e una possibilità di essere piuttosto libera nell’esprimermi che forse altrove non troverei. Ma mai dire mai. Ho avuto rare esperienze con l’Italia, ma non escludo nessun altro mercato, per me rimane sempre come qualcosa da dover provare, prima di rifiutare. Il mio stile (se tale vogliamo chiamarlo) inizialmente, durante i primi anni di scuola, era votato al manga, perché la mia cultura fumettistica era pressapoco limitata a quel genere. Poi mi si è aperto un mondo e sono variati i miei gusti, quindi oltre a conoscere nuovi autori e nuovi stili, si è anche consolidata l’idea di una necessità pratica che era meglio dedicarmi alla scuola americana piuttosto che a quella nipponica.

SCS: Hai lavorato su personaggi molto famosi, come Angel, Star Trek, Hulk… personaggi di cui eri anche fan o solo lavoro?

EC: Di Angel ero/sono una fan sfegatata. Segue bestemmia: non ho mai seguito costantemente Buffy… ma tutte le stagioni di Angel l’ho riviste minimo 5 volte. Ovviamente per motivi di lavoro (eh-ehm). Quindi per me è stato un piacere e un onore poterci lavorare su.
Star Trek invece non è mai stato nelle mie corde, televisivamente parlando, i miei gusti sono sempre stati altrove rispetto quella fantascienza, ma ho capito da subito l’importanza che rappresentava e ho cercato di fare sempre il mio meglio (ovvero MAI deludere i trekker).Tutta la potenza di Hulk
Di Hulk conoscevo poche avventure, anzi della versione rossa a malapena l’esistenza. Onestamente era l’ultimo dei supereroi che mai avrei pensato di voler/poter disegnare, avendo avuto esperienze precedenti dove non mostravo questa forte “dedizione all’anatomia”… insomma amo disegnare le donne, trovarmi davanti un superuomo ultramuscoloso ha rappresentato una bella prova da superare!

SCS: Attualmente sei al lavoro su Hack/Slash… parlacene un po’.

Una tavola di Hack/SlashEC: Non so perché, ma quella di Hack/Slash l’ho considerata quasi una fatalità. Conoscevo questo titolo perché mentre ero assistente a David, per un periodo abbiamo condiviso un piccolo studio a Roma, dove ogni tanto era presente anche il buon Stefano Caselli. Stefano non lo conoscevo bene prima e in quell’occasione ho avuto modo di apprezzare meglio il suo lavoro, così ho saputo che Cassie e Vlad erano sue creature insieme a Tim Seeley e già adoravo l’idea di questo fumetto horror, che però non ho mai potuto seguire perché in Italia non viene pubblicato. Quando finii Angel, notai che la copertinista con cui avevo lavorato sulla testata della IDW, la bravissima Jenny Frison, faceva le cover per Hack/Slash e mi complimentai con lei. Finito Hulk, ricevetti un’email direttamente da Tim, che aveva visto i miei lavori e parlato con Jenny, era interessato ad avermi sulla sua testata. Ero entusiasta: Cassie tornava in Italia, io facevo un fumetto horror, scevro da “limitazioni” come somiglianze o riferimenti fortemente radicati in un vasto immaginario, e tornavo a lavorare con Jenny. L’ho interpretato come un cerchio che si chiudesse. Mi sto divertendo da pazzi… !

SCS: Come ti trovi a lavorare con sceneggiatori così distanti, geograficamente, ma anche per punti di riferimento e quotidianità? Con quale ti sei trovata meglio e con quale hai avuto più difficoltà?

Avenger assemble!EC: Con internet ogni distanza geografica viene annullata. C’è da considerare il fuso orario, ma faccio degli orari di lavoro talmente sfasati che sono quasi contemporanei ai loro, quindi nel caos della mia gestione tempistica, con loro non ho mai avuto problemi di comunicazione… a parte forse qualche sfondone col mio inglese.
Anzi con uno di loro in particolare, con Scott Tipton, sceneggiatore dei fumetti di Angel, Star Trek e Doctor Who, siamo diventati grandi amici, anche grazie alle occasioni in cui ci siamo potuti incontrare di persona, tant’è che oggi abbiamo anche molti progetti assieme.
Non c’è stato uno sceneggiatore con cui ho avuto grosse difficoltà, ho lavorato solo su sceneggiature differenti che magari sul numero 1, di passaggio da uno all’altro, ho dovuto abituarmi inizialmente, ma poi il lavoro è sempre stato piacevole e scorrevole con tutti. Certo magari con Scott ho sviluppato una certa affinità e confidenza tali da poter discutere degli script, suggerendoci idee e modifiche.

SCS: Raccontaci di come lavori: quanti e quali strumenti tradizionali, quanto computer. Hai una giornata tipo in cui è organizzato il tuo lavoro?

EC: Dunque… capirai che dalla risposta precedente la mia giornata tipo è allo stesso tempo caotica ma sempre uguale. Ora pare una follia, e in verità lo è. Sostanzialmente però si sviluppa quasi tutto il tempo alla scrivania, escluse faccende domestiche, ginniche, mediche, sentimentali e sociali (quest’ultime poche… ).
Porto avanti due metodi di lavoro contemporaneamente, e cioè il digitale e l’analogico. Faccio i layout usando la Cintiq (la tavoletta grafica dove si disegna direttamente sullo schermo), impostando la tavola per avere una maggior padronanza del quadro generale e per gestire più velocemente modifiche e correzioni. Dopodiché stampo la pagina e procedo all’inchiostrazione su carta, con pennello e pennarelli. Sono arrivata alla conclusione, dopo un periodo che usavo esclusivamente il digitale, che per me questo procedimento è il più veloce e favorevole al mio stile.

SCS: Personaggi su cui sogneresti di lavorare?

ZatannaEC: Uno me l’hanno appena segato: John Constantine.
Uno è pressoché intoccabile: Hellboy.
Su uno ci vorrei poter provare: Zatanna.
Su quest’ultimo ci sto facendo un pensierino, ma penso rimarrà tale: The Walking Dead.

 

SCS: Purtroppo solo una parte dei tuoi lavori sono stati tradotti in Italia…che effetto ti fa? Cosa pensi del mercato italiano?

EC: E’ un effetto strano, perché da una parte ormai internet ha potato un certo livello di globalizzazione che anche i fumetti pubblicati solo all’estero sono facilmente reperibili online e se sei un appassionato di fumetti pratico del web, notizie, novità, recensioni e quant’altro è tutto comodamente consultabile, cosicché siamo tutti facilmente raggiungibili. Dall’altra parte però è una certa mentalità italiana che limita le conoscenze e la valorizzazione di tutti gli autori nostrani che lavorano all’estero per le case editrici “minori”. Ultimamente la trasposizione del mercato d’oltreoceano si sta leggermente allargando, ma è ancora in fase embrionale.
Se per mercato italiano intendi i fumetti esclusivamente nostrani beh, mi piace l’idea che si stiano affacciando nuove realtà, autoriali e editoriali, e che almeno ci sia la volontà di colorare di più il panorama delle uscite.

SCS: Raccontaci invece la Elena Casagrande fan: cosa ti piace, cosa segui? E non solo nel mondo del fumetto… Ci sono serie tv che ami particolarmente? In generale come ti rapporti con la serialità da fruitrice?

E il passeggero oscuro?EC: Io sono una tossica. Lo ammetto. E ammetterlo è il primo passo, verso però una guarigione che non voglio intraprendere. Sono una tossica di serie tv. Ne seguo anche 10 contemporaneamente e nei periodi di magra televisiva ne recupero di concluse o vado a raffica di repliche. Ho anche una lista di quelle da recuperare. Ho la lista delle uscite settimanali. Ho la lista di quelle che seguo e di quando hanno le pause e le riprese. Sono malata, lo so. Ma almeno le serie tv sono a buon mercato, no? Non ti saprei dire al momento la mia preferita, forse Doctor Who, ma ecco devo mettermi in paro con quella in corso. Dico questa perché è l’unica finora che non mi è mai calata in nessuna stagione. Adesso sto seguendo Dexter, Person of Interest, The Big Bang Theory, Supernatural (aridatecela com’era)…sono tantissime! Sto aspettando con ansia la seconda di American Horror Story, ho cominciato Arrow per vedere dove andranno a parare, seguo ancora le tradizionali CSI e CSI NY, adoro Raising Hope e sono in brodo di giuggiole per Justified… mi sa che se continuo non finisco più di scrivere.
Ah cacchio! Amo Sherlock. E compiangerò a vita Firefly. Non riesco più a rivedermi Lost. Breaking Bad sto aspettando che finisca per spararmela in una settimana e andare in coma emotivo. Heroes era la mia preferita in assoluto, ma solo per la prima stagione. Non mi vergogno ma seguo anche Glee, che però adesso… “aiuto”. L’ho già detto fermatemi?

…dove lo trovo il tempo? Mi tengono compagnia mentre lavoro, perciò la maggior parte di esse le seguo in italiano, solo da qualche mese ho impratichito abbastanza il mio orecchio da seguirle direttamente in inglese e ne vado fierissima.

Peter Petrelli - Illustrazione

Oltre la tv ci sono i fumetti e con loro spazio davvero su ogni tipologia. Solo che la pila di arretrati ora è più alta di me. Purtroppo con loro non ho ancora trovato il modo di leggerli mentre lavoro.

Film? Mi sa che davvero non potrei finire più. Riassumiamolo con un aggettivo: sono piuttosto “vorace” anche di pellicole.

Grazie Elena!

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