Bonelliamoci tutti!
Che il famoso formato Bonelli, il compatto brossuratino in bianco e nero da 96 pagine, sia considerato come il formato standard italiano è praticamente un dato di fatto.
Nato nel dopoguerra, quando una maggior disponibilità di carta ha permesso il rilancio di ristampe di serie come Tex e altri western (soprattutto), il formato non fa altro che sovrapporre tre albi classici, pubblicati originariamente in striscia.
Come l’America ha lo spillato a colori, la Francia il cartonato e il Giappone il suo tankobon, l’Italia ha il formato bonelliano come fumetto autoctono di maggior diffusione e popolarità.
Non meraviglia quindi che nel corso degli anni molti editori italiani diversi dal Sergio Bonelli Editore abbiano lanciato e prodotto serie originali a fumetti proprio in questo formato.
Tra i tanti casi citiamo ad esempio Star Comics, che nel corso degli ultimi vent’anni ha lanciato diverse serie dalle alterne fortune e dall’alterna qualità. Dal più fortunato Lazarus Ledd ai più recenti Cornelio o Valter Buio, passando per sfortunate chicche come il fantascientifico Hammer. Non è un caso il fatto che molti autori di queste serie Star siano passati a lavorare in Bonelli e viceversa.
Oltre alla produzione interna, più scontata, nel corso degli anni abbiamo assistito a diversi casi di modifica di formato, nella traduzione di prodotti di altri paesi, dal quello originario al formato nostrano. Gli “esperimenti” sono stati tutti accomunati dalla brevità (miniserie) o dal caso unico, come volumi autoconclusivi.
L’unico esempio longevo resta quello dell’Eura Editoriale, che continua a portare avanti da anni fumetti argentini (come Dago e Martin Hel) in formato bonelliano. Anche se bisogna ammettere che le differenze con l’originale non sono così drastiche: innanzitutto anche questi nascono come fumetti in bianco e nero.
Nel corso dell’ultimo anno e mezzo si è però presentata una novità. Partendo dall’editore GP Publishing, sono comparse in edicola e libreria un notevole numero di nuove serie, miniserie, più o meno lunghe, e qualche volume unico che propongono fumetti francesi in formato bonelliano.
Sicuramente dal lato economico ci troviamo davanti ad una soluzione affascinante: questo tipo di proposta permette infatti un drastico abbassamento dei costi. Il formato bonelli si mantiene al di sotto dei 3 euro e contiene in media almeno 2 capitoli. In Francia vengono pubblicati ciascuno in un singolo volume cartonato a colori, con un costo che supera i 10, a volte anche i 15 euro.
Sul fronte resa “artistica” siamo in tutt’altre condizioni. Il passaggio da colore a bianco e nero non è così ovvio. Le storie originali sono pensate per il colore, che non risulta essere un fronzolo o un di più, ma un elemento molto spesso integrante del disegno. Così pubblicati, privi del colore, i disegni risultano vuoti: è evidente come in molti casi il disegnatore avesse deciso di lasciare al colore parte dell’atmosfera e, in alcuni casi, dettagli del disegno stesso, oltre che qualsiasi tipo di sfumatura data da luci ed ombre.
Non si tratta di un semplice discorso da puristi. Non siamo, ad esempio, davanti a casi come quelli di alcuni classici del comic book degli anni ’50, ’60 e 70, riproposti in bianco e nero per esaltare il disegno originale: in quel caso i colori, per i limiti tipografici imposti dal tipo di stampa utilizzata per il fumetto, erano di una qualità pessima, piatti, spesso messi insieme grazie a grossi e sgradevoli pallini colorati (retinatura) e assolutamente di servizio, finendo in effetti in molti casi per offrire un pessimo servizio al disegnatore. In questo caso i colori, sovente opera dello stesso disegnatore, non sono mere aggiunte ma un elemento costituente del prodotto.
Infine non va nemmeno sottovalutata la riduzione di formato: quello francese, è oltre il doppio di quello di un Bonelli. Ci si ritrova così davanti a situazioni in cui i dettagli, previsti per un immagine più grande, diventano difficili da distinguere, a volte confusi. E tavole ampie e dettagliate risultano solo una cacofonia di linee, dall’interpretazione un po’ frustrante.
Oltre a GP una nuova casa editrice si è lanciata sul mercato, la 7Age, proponendo questa volta delle serie americane in versione Bonelli. In questo caso, il cambio di dimensione nel formato è più contenuto e questa volta siamo di fronte ad una pagina a colori che è stata virata in bianco e nero, piuttosto che eliminarne completamente i colori. Le perplessità restano comunque: l’effetto finale è quello di sfogliare un albo fotocopiato, seppur di una buona qualità. E la riduzione del costo per l’acquirente non è nemmeno così drastico come nel caso dei volumi francesi: normalmente gli spillati italiani che propongono serie americane oscillano tra i 3 euro e 50 e i 6 euro per 2 – 3 capitoli. A questo punto la differenza per chi acquista è di circa un terzo.
L’approccio ci lascia decisamente molto perplessi.
In un momento in cui molti spingono per la restituzione fedele della qualità di un’opera e il rispetto del lavoro originale di un prodotto, sia esso fumetto, film o serie tv, ci chiediamo se questo passo indietro, seppure positivo per la diffusione tra il pubblico e il conseguente abbassamento dei costi, abbia o meno senso: è meglio poter accedere a tante storie anche se snaturate, o rinunciare alla quantità, nel rispetto dell’integrità dell’opera?
Post necessario. Perfetto. In altri tempi, i mangofili ci ammorbavano sulla necessità di salvaguardare i formati, come parte integrante dell’opera. Evidentemente per il comicbook o la BD, il criterio non vale oppure abbiamo trovato solo editori più cinici. Sui formati del fumetto italiano e in particolare bonelliano mi permetto di segnalare anche questo vecchio post personale, con un interessante postilla di Michele Medda: http://sonostorie.wordpress.com/2009/09/19/il-fascino-discreto-del-disegno-bonelliano/
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Il tuo articolo è molto interessante e da un quadro tecnico che integra ottimamente il nostro discorso. Grazie per avercelo segnalato: consigliamo a tutti di leggerlo.
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