The Walking Dead – Il Fumetto
Se siete tra quelli (tanti) che hanno visto la serie televisiva ma non hanno mai letto il fumetto, è giusto che sappiate subito che quella che credevate una storia cruda, violenta ed estrema lo è dannatamente meno delle vostre aspettative.
Quello che avete visto fin’ora in due stagioni di The Walking Dead è decisamente meno crudele di quello che potete leggere tra le pagine in bianco e nero del fumetto di Robert Kirkman. Sembra quasi che agli autori sia mancato il coraggio di spingere il pedale dell’acceleratore fino in fondo.
Parliamoci chiaro, The Walking Dead è stata una delle cose più cruente ed estreme che mai si siano affacciate periodicamente su di un tubo catodico, un televisore al plasma o uno schermo di pc. Ma questo non basta per tenere testa alle numerose sberle e pugni che sono pronti a colpirvi in faccia e allo stomaco mentre le vostre dita sfogliano l’originale cartaceo.
E non stiamo parlando di splatter, che di certo non manca.
Quello è il condimento, il contorno, qualcosa che in una storia che parla di zombie non si può certo prescindere. Ma non è il punto o il fulcro, e nemmeno l’obiettivo dei colpi che vi aspettano.
Gli zombie sono la piaga, ma il Male è prerogativa e abilità tutta dell’uomo.
Innanzitutto la serie a fumetti di The Walking Dead è la quintessenza della serialità.
Il concetto alla base della serialità è la domanda che dovrebbe possedervi alla fine di ogni singolo episodio di una storia: “Cosa succederà adesso?“.
Nella storia della serialità, questa domanda spesso è arrivata a declinare, ammorbidirsi, trasfigurare un poco. Un esempio esplicativo: sappiamo benissimo tutti quanti che, trovato un protagonista, questo sopravviverà, almeno fino all’ultimo episodio.
Per cui domande come “sopravviverà?” migrano in “come se la caverà questa volta?” e via andare, in un gioco dove molto spesso l’inatteso non è poi così tanto inatteso, senza per questo ledere al piacere della serie.
The Walking Dead ha più o meno un protagonista, Rick Grimes. Certo, c’è il gruppo, ma non ci siamo mai fatti delle illusioni. La storia comincia da lui e, molto plausibilmente, con lui terminerà.
Quindi, per quanto riguarda i coprotagonisti è difficile mettere la mano sul fuoco, ma per quanto riguarda l’incolumità di Rick dovremmo quantomeno sentirci più tranquilli. Eppure.
Eppure è proprio così?
La sensazione è quella, ma allo stesso tempo, man mano che il fumetto procede, la sensazione è anche quella che qui, nulla può davvero essere dato così per scontato. Neppure la vita del nostro protagonista e il beneficio del dubbio vi passerà accanto come mai vi è capitato per una serie. Perché quando una serie (magari molto spesso una miniserie) prevede la morte del protagonista, o ce lo annuncia fin da subito, o comunque ce lo fa sospettare. Lo senti nell’aria, lo annusi man mano che si avvicina il finale. Qui? Qui per una volta, non lo sappiamo.
Una caratteristica fondamentale delle serie molto buone è sicuramente l’evoluzione dei suoi personaggi: un personaggio che evolve è sicuramente più realistico e più apprezzabile. Il Rick Grimes fumettistico però non si limita ad evolvere. Cambia. Il che significa che non fa solo passi in avanti, per dirne una. E non è detto che tiferete sempre per lui.
Una delle prime impressioni che si hanno nella serie tv è che Rick incarna i connotati del protagonista integerrimo. Il buono. Quello che ad un certo punto potresti arrivare a non sopportare più. Pensate al Jack Shephard di Lost.
Ecco, nel giro di un po’ di tempo scoprirete, seguendo la serie a fumetti, che Rick non è sicuramente Jack. Mantenendo il paragone con Lost possiamo dirvi che presto Rick si rivelerà un mix (in equilibrio precario) non solo di Jack, ma anche di Sawyer, di Locke, di Sayid e una buona punta di Benjamin Linus. Vi sembra assurdo? A noi sembra estremamente umano.
La stessa cosa accade a tutti gli altri personaggi della serie, che vi regaleranno parecchie sorprese che sapranno confondervi, emotivamente parlando, vista l’incredibile capacità di Kirkman di farlo senza ricorrere a bluff. Amore e odio per i personaggi si alterneranno e invertiranno quanto mai avreste pensato.
I disegni del fumetto, coadiuvano in maniera incredibile la serie, senza estremismi che rischierebbero di ledere il tono della narrazione. Charlie Adlard, che aveva sulle spalle il peso di sostituire Tony Moore, grandioso illustratore dei sei numeri di esordio della serie e delle copertine, riesce presto a farsi amare e a offrire un contributo che vi regalerà momenti di grande soddisfazione.
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