Per  tutta la settima stagione di Sono Cose Serie la diretta è stata occupata da una nuova rubrica, quella dove “c’è chi da’ i numeri, noi diamo le lettere”, il nostro alfabeto seriale inteso come “un excursus, ma anche per giocare un po’ con la serialità.”!

Ma, vuoi per limiti di programmazione della stagione 7, con 21 episodi in diretta, (più due speciali, ovvero 23 puntate, come una serie tv broadcast americana), vuoi per qualche lettera che ci ha fatto sudare, l’alfabeto non è stato affrontato in completezza. Ma può aver senso un alfabeto lasciato monco? Quanto è sgradevole e frustrante una serie di cui hai perso qualche puntata e che si ferma poco prima della fine?

E quindi, eccoci! Impavidi paladini dell’ordine seriale, senza macchia e senza paura, pronti a colmare, in questa sede, buchi e lacune con una serie di “episodi speciali” che arrivino a chiudere le trame alfabetiche, lasciate interrotte con la fine della stagione radiofonica.

Si comincia con il primo grande assente dalla settima stagione: la lettera K.

K come Kung Fu! 

Le arti marziali, che sono in realtà una miriade di diverse discipline, sviluppate in diversi paesi, tra estremo oriente ed occidente, nell’immaginario collettivo rientrano in quello che ne rappresenta uno dei ventagli più estesi: il Kung Fu.

La sua esplosione in termini narrativi qui in occidente (ma anche nella diffusione di palestre et similia), corrispose con l’arrivo dei primi kung fu movie, e in particolare con l’approdo delle pellicole di quella che a tutt’oggi resta la sua incontrastata icona: Bruce Lee.

SERIALE NON SERIALE

Bruce Lee
Bruce Jun Fan Lee

E qui entriamo subito nel mondo della serialità. In primis con la sua famosa partecipazione al serial de Il Calabrone Verde nel ruolo di Kato, l’autista/guardia del corpo del protagonista. Ma è anche vero che Bruce Lee si possa considerare, nei suoi film, come uno di quei personaggi che noi di SCS amiamo definire seriale non seriale.

Avete presente Stanlio e Ollio, o lo Charlot di Chaplin? Che dire dello Straniero Senza Nome interpretato da Clint Eastwood nella trilogia del dollaro di Sergio Leone?

Personaggi che mantengono fondamentalmente le medesime caratteristiche e caratteri, nonostante abbiano differenti biografie da storia a storia, archetipi narrativi che vivono diverse avventure quasi, appunto, come si trattasse di episodi di una serie.

Singolare il caso del personaggio di Lee, che nelle pellicole originali ha nomi differenti e le sue vicende si svolgono anche in tempi storici differenti, mentre nel nostro Paese mantiene sempre lo stesso nome, Chen, e i suoi 3 film e mezzo (uno incompiuto e completato con pessime aggiunte, di trama e di scene, da una produzione americana) vengono astutamente rititolati dagli adattatori italiani, per dare l’impressione agli spettatori che si tratti di capitoli o avventure dello stesso protagonista: Dalla Cina con Furore, Il Furore della Cina colpisce ancora, L’urlo di Chen terrorizza anche l’occidente, L’ultimo combattimento di Chen.

Di essere personaggio seriale non seriale capita spesso agli attori “action”, che ripropongono la loro icona in ruoli diversi ed è quindi capitato frequentemente anche alle icone del mondo delle arti marziali. Come non citare, per esempio, Jean Claude Van Damme? Potremmo definirlo non solo personaggio seriale non seriale, ma anche interprete di film di arti marziali non marziali. Ma questa è un’altra storia…

Oltre a questo, però, sono parecchi quelli tra loro che hanno dato vita a vere e proprie saghe cinematografiche.
Prendiamo, ad esempio, 5 nomi, fondamentali del cinema di arti marziali d’oriente e, ad oggi, tra i più noti fuori dal loro paese d’origine.

I CINQUE PILASTRI DEL GONGFU

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Jackie Chan, nome d’arte di Chan Kong-Sang

Cominciamo con Jackie Chan. Al suo attivo, come cinema “seriale”, ha la saga Rush Hour e il dittico Pallottole Cinesi sul fronte americano e le saghe Police Story, Drunken Master e Operazione Pirati di produzione hongkongese (anche se in Drunken Master è un sequel non sequel… lo sappiamo, vi sta scoppiando la testa, vero?), oltre alla partecipazione ad una delirante trasposizione live-action cinese di un personaggio seriale giapponese: Ryo Saeba alias City Hunter nel film omonimo.

Jet Li, che è approdato al mercato hollywoodiano proprio attraverso una saga di successo (è infatti il cattivo di Arma Letale 4), ha esordito al cinema con Shaolin Temple (3 film) e interpretato l’eroe cinese Fong Sai Yuk in 6 pellicole: C’era una volta in Cina (3 film), C’era una volta in Cina e America e The Legend (1 e 2), oltre ad essere uno dei membri de I Mercenari e aver fatto nuovamente il cattivo nell’ultima pellicola (non molto riuscita) di un’altra saga americana: La Mummia 3.

Donnie Yen, star dalla lunghissima carriera in patria e che negli ultimi anni è esplosa anche qui in occidente, grazie alla sua partecipazione ad una delle saghe cinematografiche più famose, forse LA saga per antonomasia: è stato, infatti, il guerriero cieco Chirrut Îmwe in Rogue One: A Star Wars Story, ma anche l’antagonista Xiang in xXx – Il ritorno di Xander Cage.

Ha combattuto sia con Jackie Chan (sul fronte seriale in Pallottole Cinesi 2) e Jet Li (nel secondo C’era una volta in Cina) ed è il protagonista di uno degli ultimi grandi successi di Hong Kong, la saga di Ip Man, che ha interpretato per 3 capitoli, con una nuova pellicola annunciata e altre due interpretate da altri attori, uno con Ip Man da giovane e uno su Ip Man vecchio.

E per chiudere un cerchio, Ip Man è un personaggio realmente esistito, un grande maestro di arti marziali. Il suo allievo più famoso? Bruce Lee.

Inoltre, sia Jet Li che Donnie Yen hanno interpretato Chen, sì, proprio il Chen di Bruce Lee, quello però de Il Furore della Cina per essere precisi: Jet Li lo ha interpretato in un remake, Donnie Yen in un sequel.

Dalla Thailandia con furore invece è arrivato Tony Jaa, che ha reso serie cinematografica sia il suo Ong Bak (3 film) che The Protector (2 capitoli), oltre ad aver partecipato anche lui al nuovo capitolo di xXx. Inoltre è protagonista di un film, Kill Zone – Ai confini della giustizia è il titolo italiano (titolo originale Sha po lang 2), secondo capitolo di una serie di Hong Kong. Il primo capitolo (spettacolare) è inedito in italia e il protagonista è… Donnie Yen.

Martial Law
Sammo Hung

Concludiamo nuovamente con un attore (e regista) cinese, immeritatamente meno famoso dei precedenti: Sammo HungOltre ad averne preso parte e diretto diverse pellicole con Jackie Chan, suo grande amico, (come Operazione Pirati) e Donnie Yen (appare nei primi due Ip Man) è stato anche protagonista di una serie televesiva americana di stampo investigativo con arti marziali, un’accettabile serie defaticante: in Italia tristemente intitolata Più Forte Ragazzi, la serie in originale si intitola Martial Law, prodotta dal 1998 al 2000, composta da 2 stagioni per 44 episodi e che lo vede come coprotagonista insieme al comico Arsenio Hall.

Una particolarità di Sammo, oltre ala grande simpatia? È in grado di fare tutto quello che fa Jackie Chan, ma con quasi il doppio della sua stazza. E vogliamo ancora chiudere cerchi? È l’allievo che che si scontra in allenamento con Bruce Lee nella sequenza iniziale de I Tre dell’Operazione Drago dove, tra le varie comparse/stuntman c’era anche Jackie Chan.

A FISTFUL OF KUNG FU

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David Carradine in Kung Fu

Ma, se è vero che tutte le serie action contengono un po’ di sano kung fu, da Buffy l’ammazzavampiri ad Arrow passando persino per The Walking Dead, è anche vero che esistono serie televisive in cui ii Kung Fu è al centro di tutto.

Recentemente ricordiamo il pessimo Iron Fist e il medio Into The Badlands. Tra qualche riga vi segnaliamo il canonico nostro consiglio seriale, ma prima bisogna parlare di quella che è considerata una serie cult. E l’ultimo cerchio da chiudere.

Sono gli anni ’70 e per tre stagioni impazzò Kung Fu (1972-1975), serie d’avventura e arti marziali, interpretata da David Carradine e che colpì enormemente l’immaginario collettivo americano, a partire dagli evocativi titoli di testaKung Fu racconta le avventure di un monaco shaolin del XIX secolo, Kwai Chang Caine, metà cinese e metà americano, che si trova costretto a scappare dalla Cina e a rifugiarsi nel Far West, dove andrà alla ricerca del fratello e delle sue origini.

Ma sapete chi aveva ideato la serie e avrebbe dovuto interpretarla?

Sì, sempre lui. Bruce Lee.

SONO COSE SERIE CONSIGLIA…

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Avatar – The Last Airbender

Una serie animata, una delle migliori produzioni americane degli ultimi anni. È una serie d’avventura, di genere fantastico e con un enorme debito con l’oriente: per stile, tecnica e filosofia, sia narrativa che concettuale, i rimandi, i riferimenti e le citazioni (tra tutti, diversi gli omaggi a Hayao Miyazaki).

3 stagioni, dal 2005 al 2008 e 61 episodi, 1 film animato conclusivo, 1 pessima trasposizione cinematografica ad opera di Night M. Shyamalan, che purtroppo ne fa una terribile pubblicità e una nuova serie sequel di 52 episodi: ecco Avatar The Last Airbender, seguito da La Leggenda di Korra (ambientata un secolo dopo), creata per la rete Nickelodeon da Michael Dante DiMartino.

Una serie appassionante, divertente e tecnicamente sublime, che racconta di un mondo diviso in quattro nazioni, ognuna delle quali dedita ad uno degli elementi: acqua, terra, fuoco e aria. Per ognuno di questi esistono persone dotate della capacità di controllare l’elemento, i dominatori. Solo uno è in grado di controllarli tutti e quattro: l’Avatar.

Le quattro forme di dominio sono la trasposizione di 4 diverse forme di Kung fu. Solo la bellezza con cui sono state elaborate ed animate meriterebbe da sola la visione di una serie curata fin nei minimi dettagli. Se vi piacciono le arti marziali, questo cartone animato fa per voi (perché non l’avete ancora visto?). Se vi piacciono le cose ben fatte, questo cartone è fatto per voi. Se vi piacciono belle storie, ben raccontate e capaci di amalgamare avventura, dramma, ironia, filosofia e colpi di scena, sapete già qual è il prossimo titolo da recuperare.

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